Giorgio Tavecchio si racconta a Dario Aviano, in esclusiva per la FIDAF con un saluto e un augurio speciale ai nostri ragazzi impegnati nei playoff dei Campionati U16 e U19.
Quella di Giorgio Tavecchio è una di quelle storie da raccontare ai ragazzi, da prendere ad esempio per dimostrare come nello sport, ma soprattutto nella vita in generale, la caparbietà e la determinazione possono davvero portare alla realizzazione dei propri sogni.

Tanto si è parlato della sua impresa di riuscire a scendere in campo nella NFL, il campionato dei giganti di football americano a stelle e strisce, con la maglia degli Oakland Raiders, dopo anni di gavetta e rifiuti che avrebbero tagliato le gambe anche al più ostinato tra i caparbi.
La sua è una grande storia italiana, ma anche una grande storia americana, come dimostrato dall’enorme eco avuta oltreoceano, e non solo per l’impresa sportiva in sé. Giorgio è infatti un ragazzo che piace a tutti, impossibile da non amare: il suo atteggiamento altruistico, la sua educazione, la sua capacità di stare al proprio posto, lavorando duramente ma accettando sempre con il sorriso le decisioni degli allenatori, lo hanno portato ad essere uno dei preferiti nello spogliatoio dei Raiders, rispettato da compagni e tifosi.
Così rispettato che dopo la partita d’esordio, in cui Giorgio ha messo a segno diversi field goal, l’ultimo dei quali decisivo per mettere al sicuro il risultato, il capo allenatore dei Raiders, Jack Del Rio, ha voluto consegnargli la palla dell’incontro destinata al migliore di giornata, rito tipico da spogliatoio nel post partita in NFL.

Recentemente, Giorgio è stato nuovamente protagonista di una storia di rispetto ed educazione, quando dopo la partita giocata dalla sua squadra a Mexico City contro i New England Patriots si era reso conto di aver involontariamente preso per ricordo il pallone con cui il suo avversario di giornata,  Steven Gostkowski, aveva calciato un field goal da 62 yards, uno dei più lunghi di tutta la storia della NFL. Giorgio non ci ha pensato su due volte, e ha voluto che il kicker della squadra di Boston riavesse ciò che gli spettava di diritto. E anche questa storia ha fatto giustamente notizia.

Giorgio, dunque, si è guadagnato meritatamente il rispetto della NFL, sia come giocatore che come uomo, ma da quella domenica di settembre a Nashville, dove cominciò la sua avventura, sono ora passati due mesi abbondanti, ed è tempo di fare un primo bilancio della sua esperienza.

Si, perché il sogno si è realizzato, ma entrare nella NFL per Giorgio non è il lieto fine, è solo l’inizio. Il difficile inizia ora, perché bisogna lavorare per riuscire a confermarsi e proseguire l’avventura.

Abbiamo contattato Giorgio, che con grande disponibilità si è prestato ad un’intervista con la quale cercheremo di capire, insieme a lui, come è andata finora la stagione e cosa aspettarsi dal futuro.

Ciao Giorgio, e grazie mille per la tua disponibilità a rilasciare quest’intervista all’Ufficio Stampa della FIDAF.
Prego, è un piacere per me. Ciao a tutti i tifosi italiani!

Partiamo dai numeri, che come sappiamo nella NFL contano molto. In 11 partite il tuo score parla di 12 field goal messi a segno su 15 tentati, di cui il più lungo dalle 53 yard, di 25 extra point messi a segno su 26 e di un’ottima percentuale di touchback sui kick off calciati. Come giudichi le tue statistiche?
Grazie per la domanda. Devo dire di essere abbastanza contento delle mie statistiche, ma penso che non raccontino tutta la storia di una stagione. Io cerco di guardare ad ogni partita come ad un singolo capitolo, indipendente da tutte le altre, ed ogni volta il mio unico obiettivo è quello di contribuire in maniera positiva al successo della squadra. Poi, magari a fine stagione, farò i conti anche con le statistiche.

Hai dovuto sostituire un’icona del football di Oakland, quel Sebastian Janikovski che non solo è il giocatore nel roster dei Raiders con più anni di permanenza nella squadra, ma anche il detentore di qualsivoglia record di franchigia per quanto riguarda i kicker. Quanta pressione hai sentito addosso nel prenderti questo incarico?
A dire la verità cerco di non pensarci troppo. Come detto, il mio obiettivo è quello di essere il migliore possibile e dare il mio meglio per la squadra in ogni momento. Quindi cerco di concentrarmi sull’aspetto sportivo e sulla mia preparazione (fisica, mentale, emotiva) ad ogni partita, senza pensare ad altre cose che tra l’altro sono fuori dal mio controllo.

Janikovski è attualmente nella Injured Reserve List della squadra, ma ha recuperato dall’infortunio. Sappiamo che le regole sono cambiate, e da quest’anno ogni squadra NFL può riattivare due giocatori da questa lista in qualunque momento del campionato, trascorse le prime otto settimane della stagione. I Raiders hanno ancora a disposizione uno spot, e si è parlato a lungo del fatto che possa essere proprio “Sebass” il giocatore preposto al rientro. Hai avuto qualche notizia in merito? Che rapporto hai con lui?
Per ora non ho avuto alcuna notizia in merito. Io faccio del mio meglio ad ogni singola opportunità che mi si presenti e per il resto… quel che sarà sarà. Tra l’altro credo di avere un ottimo rapporto con Sebastian: amichevole e rispettoso.
Il ruolo del kicker è tra i più delicati del football: spesso capita di “guardare” tutta la partita dalla sideline per poi essere chiamato in causa in una singola azione, a volte decisiva. Quanto conta il fattore mentale nel tuo ruolo e come gestisci queste situazioni?
Il fattore mentale è molto importante per un kicker perché bisogna essere capaci di gestire l’emozione e l’imprevedibilità di ciò che accade in partita, ben poco è sotto in nostro controllo. Per quel che posso, io cerco di stare il più tranquillo possibile e di tenermi sempre pronto ad entrare in campo, a prescindere da ciò che succede sul rettangolo di gioco.

Quella composta da long snapper, holder e kicker è un po’ una squadra nella squadra all’interno dello special team. Quanto è importante l’intesa tra questi tre giocatori?
Questa intesa è una componente importantissima perché l’operazione di calciare un field goal o un extra point (snap-hold-kick) richiede tanta precisione, non solo dal punto di vista tecnico dell’esecuzione del gesto ma anche del ritmo: tutto deve accadere entro 1-3 secondi (dallo snap al calcio). E’ fondamentale quindi che tra noi tre ci sia grande fiducia l’uno nei confronti dell’altro, ed è per questo motivo che ci alleniamo così tanto sempre insieme.

I Raiders stanno un po’ deludendo rispetto alle aspettative di inizio campionato, ma i playoff sono un traguardo ancora raggiungibile. Chi sono, secondo te, i giocatori che potrebbero fare la differenza in tal senso?
Io credo che la mia squadra abbia tanto talento, e sia colma di giocatori che possano fare la differenza. Non posso sceglierne uno: ce ne sono diversi che possono decidere una gara, e di partita in partita c’è sempre qualcuno che emerge sugli altri.

Torniamo adesso agli inizi… Sappiamo ormai tutto della tua storia tra i Pro, ma forse pochi sanno o si ricordano come tutto è cominciato, ai tempi di California Berkeley. Vuoi raccontarci come è nata la tua storia nel football, sport in cui forse sei entrato un po’ “per caso”?
Ho iniziato a giocare a football americano al liceo, dopo che casualmente un amico mi chiese se avessi voluto provare a fare il kicker. Inizialmente dissi di no, ma dopo averne parlato con mia madre cambiai idea e decisi di provare. Al liceo ero comunque concentrato sul calcio, e andavo agli allenamenti di football americano solo una o due volte la settimana, e spesso soprattutto per partecipare al barbecue della squadra! Ma più ci giocavo, più sentivo crescere l’amore per il ruolo del kicker e per il football in genere: il feeling che si crea con i compagni di squadra è qualcosa di molto speciale, lo spirito di squadra del football è unico. Alla fine del liceo pensavo che sarei andato al college per giocare a calcio, ma tutto cambiò dopo che ricevetti una telefonata inaspettata (28 maggio alle ore 16.01, per essere preciso, lo ricorderò per sempre): era l’allenatore dell’Università di Cal (California Berkeley), che mi offrì un posto in squadra all’ultimo minuto, pochi giorni prima della fine del liceo. Da quel momento cambiò tutto, e penso di essere sicuro ci sia stato un qualche aiuto divino…

Da alcuni anni, anche grazie al lavoro della FIDAF, sono aumentate le possibilità per i ragazzi italiani di poter provare l’esperienza di frequentare le high school e i college americani giocando a football. Che consigli vuoi dare ai ragazzi che come te provano a realizzare il proprio sogno?
Sono molto contento della crescita del football americano in Italia, e l’unica cosa che voglio dire ai ragazzi italiani è di continuare a lavorare duramente ed impegnarsi a fondo, perché nel football ci sono sempre più opportunità per realizzare i propri sogni!
Giorgio, grazie mille per averci dedicato il tuo tempo. Ti auguriamo un enorme in bocca al lupo per il prosieguo della stagione e ti aspettiamo in Italia, magari ospite di qualche evento del football nostrano.
Crepi. Grazie mille! Approfitto anche per ringraziare tutti quanti voi, di cuore, per il grande supporto che mi date. Dio volendo, la NOSTRA storia continuerà!.

Questo Giorgio Tavecchio, al quale forse abbiamo anche portato un po’ di fortuna, perché proprio poche ore dopo il rilascio di questa intervista è venuto a conoscenza del fatto che almeno questa stagione lo vedrà protagonista fino alla sua conclusione. E’ ufficiale infatti, come si legge in questo articolo (http://www.mercurynews.com/2017/11/28/janikowski-wont-play-for-raiders-this-year-future-uncertain/) che Sebastian Janikowski terminerà la sua stagione in Injured Reserve List, e per il ragazzo milanese potrebbero a questo punto aprirsi interessanti scenari anche per le prossime stagioni.

Grazie Giorgio, e in bocca al lupo per tutto!

Ufficio Stampa