Cosa ci fa il Direttore di un’Osservatorio astronomico in una società di basket? Dietro a quella che potrebbe sembrare una battuta, in casa Soundreef Mens Sana c’è una storia tutta da raccontare. È quella di Alessandro Marchini, che all’osservazione delle stelle del cosmo – nell’Osservatorio dell’Università degli Studi di Siena, per l’esattezza – da 39 anni unisce l’analisi di quelle della pallacanestro.

E in quasi quattro decenni, da un’amichevole estiva di fine anni ’70, sono tante quelle passate di fronte alla “voce” dei biancoverdi dentro al PalaEstra.

Lo storico speaker della Soundreef Mens Sana, che domenica debutterà in casa contro la Fortitudo Moncada Agrigento nella seconda giornata di andata del campionato di serie A2 girone Ovest, si prepara infatti a tagliare il traguardo delle 39 stagioni dietro al tavolo, microfono in mano.
Una storia iniziata nell’estate del 1979, a soli 14 anni: «All’epoca lavoravo in una radio privata senese e mi mandarono per una sostituzione a fare lo speaker di due amichevoli della Mens Sana. Feci un’ottima impressione al General Manager, Carlo Ciccarelli, che decise di confermarmi anche per il campionato di serie A2».

Che ricordi hai del giorno in cui per la prima volta hai preso in mano il microfono a una partita della Mens Sana?

«Anche se si trattava di un’amichevole, ero emozionatissimo. Mi ero preparato un messaggio di benvenuto al pubblico: “Signore e signori, buonasera” che ovviamente sbagliai a pronunciare (ride, ndr). Ero abituato al microfono della radio ma c’è una bella differenza tra parlare senza nessuno davanti e farlo di fronte a centinaia di persone».

E invece la tua passione per la pallacanestro come è nata?

«Ho seguito la Mens Sana fin da bambino, quando un vicino di casa mi portava alle partite al Dodecaedro. Poi crescendo ho giocato a livello amatoriale e ho fatto anche un corso per arbitri per conoscere in maniera più approfondita il regolamento».

Qualche curiosità: in tutti questi anni da speaker qual è stato il giocatore con il nome più complicato da pronunciare?

«Direi tutti i russi del CSKA Mosca e anche diversi giocatori greci. Quando la Mens Sana giocava in Eurolega prima delle partite chiedevo all’accompagnatore della squadra ospite se la pronuncia che avevo sentito in televisione era giusta e puntualmente mi correggeva. Ma c’erano dei cognomi impronunciabili: ripetere i suoni di un madrelingua è praticamente impossibile».

Quindi il ruolo di speaker non è poi così semplice…

«Per la verità mi sono sempre visto come un tifoso con il microfono però è chiaro che è un ruolo che richiede prima di tutto conoscenza del regolamento e prontezza ad interpretare le azioni di gioco. E poi ci vuole tanta passione: lo speaker deve esaltarsi e saper esaltare pubblico e giocatori. Mi sono sempre detto che il giorno in cui verranno meno questa attenzione allo sviluppo del match e l’entusiasmo, sarà arrivata l’ora di passare il testimone».

Qual è la partita della Mens Sana che ti ha fatto urlare di più?

«In gara 3 della semifinale scudetto con Roma del 2007, vinta dopo tre supplementari, ho finito la voce. Però ricordo con tanta emozione anche la partita del ritorno in serie A e quella del primo scudetto. È stato un onore poter annunciare il primo scudetto della Mens Sana».

E invece il giocatore che ti ha fatto urlare di più?

«Visigalli era una quadrisillabo fantastico da urlare al microfono. Tra l’altro era stato introdotto da poco il tiro da 3 e lui era un gran tiratore quindi mi ha regalato diverse soddisfazioni. Poi direi Stefanov: giocatore con fisico da impiegato ma di un’intelligenza cestistica unica. E infine Alphonso Ford, Terrel McIntyre e Shaun Stonerook. Ma anche i ragazzi di quest’anno si prestano all’urlo e a farci divertire».

Un aneddoto in tutti questi anni da speaker?

«Ce ne sono diversi. Uno è di tanti anni fa, quando il coach era Gianfranco Lombardi che per scaramanzia fece spostare la panchina della Mens Sana e quindi anche la mia postazione. Poi ci sarebbero da raccontare tante incomprensioni con gli arbitri, anche titolatissimi come Facchini che è stato un internazionale. Una volta mi disse che non dovevo dire al microfono quanti secondi mancavano alla fine dell’azione…».

Intanto domenica scorsa è iniziato il campionato, con la Mens Sana sconfitta a Casale. Come hai visto la squadra?

«Ho visto la partita senza sapere che alcuni giocatori avevano avuto problemi per un’intossicazione alimentare e devo dire che fino al 20′ la Mens Sana mi è piaciuta tantissimo. Credo che le condizioni non ottimali un po’ abbiano influito ma in minima parte. In tutta onestà Casale ha dimostrato di essere una squadra rodata, con un gruppo che ha fatto la differenza mentre il nostro ancora è tutto da costruire con il lavoro e con le vittorie. Domenica prossima l’occasione è ottima in questo senso».

Hai buone sensazioni per la sfida dell’8 ottobre con Agrigento?

«La Mens Sana di quest’anno mi piace tantissimo. Ovviamente come ha detto coach Griccioli nel post Casale ci manca ancora qualcosa nel processo di crescita globale del gruppo. Al PalaFerraris si è visto che c’era tanta volontà da parte dei giocatori ma per raggiungere l’obiettivo bisognerà lottare partita per partita».

Ufficio Stampa