La Grande strada delle Dolomiti è un must-see delle vacanze in Dolomiti, una delle cose assolutamente da non perdere, avendo un po’ di tempo e di voglia di trascorrere una mezza giornata in automobile. La Große Dolomitenstraße collega Bolzano con Cortina d’Ampezzo, attraversa tre province, tre passi (Costalunga, Pordoi e Falzarego) e un pugno di valli e paesi, regala scorci da cartolina su alcune delle cime più famose e dà un’idea della grande varietà di paesaggi della regione dolomitica. Venne inaugurata nel 1909, quando le Dolomiti erano ancora abitate quasi esclusivamente da contadini e pastori. Fu anche grazie a questa strada se, di lì a poco, ci fu chi cominciò a vivere solo di turismo, nelle terre alte.
Ma la Grande strada delle Dolomiti è già tanto conosciuta, e probabilmente avrete già pianificato di andarci. Quella che vogliamo consigliarvi, invece, è un’altra e più avventurosa traversata delle Dolomiti, un po’ più a sud rispetto alla famosissima Dolomitenstraße: i paesaggi che attraverserete saranno altrettanto affascinanti e un pochino più selvaggi, molto molto silenziosi e ben poco affollati… Il nostro è un viaggio on the road alla scoperta delle Dolomiti Bellunesi meno conosciute, che parte a Borgo Valsugana (in Trentino Alto Adige) e termina a Sauris (in Friuli Venezia Giulia) attraversando da ovest a est la Provincia di Belluno.

E allora partiamo: da Borgo Valsugana si sale tra i meleti verso Strigno, lungo la statale 78: il laghetto di Pradellano, Pieve e poi Castel Tesino. A Castel Tesino si consiglia una tappa al museo Per via (www.museopervia.it), che racconta la storia affascinante di alcuni ambulanti dolomitici di secoli fa, i venditori di stampe tesini. Da Castel Tesino si prosegue per il passo Brocon (1616 metri), che collega l’altopiano del Tesino alla Valle del Vanoi: una volta, qui vicino, correva il confine del Regno d’Italia. A nord (e a sinistra, scendendo) c’è un immenso anfiteatro di crode, la catena dei Lagorai, teatro di guerra nel ’15-18. Proseguendo attraversate Fiera di Primiero, fondato nel Quattrocento dai Bergknappen, minatori tirolesi che lavoravano nelle miniere di rame, argento e ferro del Primiero, e subito dopo Tonadico. Da Tonadico si procede spediti per passo Cereda, che vi conduce una curva dopo l’altra nel Bellunese.

La salita è lunga, ma quasi comoda, oggi: nel 1872 Amelia Edwards, una delle prime viaggiatrici nelle valli dolomitiche, percorse questo tratto a dorso di mulo. Dalla cima del passo (1369 metri) è tutta in discesa, lungo la spettacolare valle del Mis, un tempo ricca di miniere, oggi sempre più deserta e desolata. Questa valle è stata regno di Reti e di Celti, oltre che di anguane, Mazarol e Om salvarek. Da qui partirono moltissimi costruttori di seggiole in legno che girarono in lungo e in largo l’Europa, diventando famosi per la loro maestria. Per non farsi capire dai concorrenti, tra loro parlavano una lingua inventata, lo skabelament del conža. I conza partivano soprattutto da Tiser e da Gosaldo. Il museo dei seggiolai (www.mimbelluno.it/luoghi-dellemigrazione/rivamonte-agordino-museo-dei-seggiolai/) lo trovate a Rivamonte Agordino: consigliamo qui un’altra pausa dedicata ai viaggiatori-per-forza dei secoli scorsi.

Con un’ultima discesa si arriva ad Agordo, abbracciata da una serie di montagne aspre, arcigne, verdissime e davvero magnifiche. L’Agordino, che fino all’Ottocento è stato importante sede mineraria, è oggi terra di occhiali (qui è nata la Luxottica, nel 1961, e grazie al cielo, visti i tassi di emigrazione di quel periodo). Agordo ha un piccolo centro con una piazza sorprendentemente elegante, dove fermarsi a bere un aperitivo al sole, prima di ributtarsi in macchina verso altri luoghi molto molto silenziosi.

Si riparte in salita, lungo il passo Duran. La strada mantiene la promessa toponomastica e si inerpica sempre più stretta e faticosa per tredici chilometri e più di mille metri di dislivello. Boschi, piccole radure a pascolo, piccolissimi tabià di legno. A nord sta minacciosa la muraglia della Moiazza, che si fonde più avanti con la scogliera del Civetta, a sud spiccano le cime frastagliate del San Sebastiano, del Tamer, del Castel del Moschesin. Il passo scollina a 1605 metri: da qui prende velocità e precipita a valle (e voi con lui) lungo il corso del torrente Maè. In fondo al passo sta Dont, e la Val di Zoldo, terra di gelatai. A Dont fate una pausa dolce alla gelateria al Pelmo, a Forno di Zoldo fate un salto all’interno della chiesa di San Florian, c’è un bell’Altare delle anime, scolpito dal Brustolon nel 1685.

Da Forno si sale di nuovo di una decina di chilometri, verso forcella Cibiana (1536 metri). Da qui parte la stradina per il Museo delle Nuvole di Messner. Dall’altro lato della forcella c’è Cibiana di Cadore, il paese dei murales: le pareti esterne delle case sono in buona parte affrescate da artisti italiani e stranieri che negli anni hanno dato nuova vita alle strade del piccolo centro. Passo Cibiana è una teoria di curve scure, di sprazzi improvvisi di luce, di conifere compatte e prati verde brillante che collega la Val di Zoldo con il Cadore attraverso la Valle del Boite. Dopo salite, discese, e poi ancora salite e discese si sbuca a Venas di Cadore, alle pendici del gruppo colossale dell’Antelao. La strada che scende verso sud inanella uno dopo l’altro i paesi di Valle, Pieve, e poi (al bivio per Belluno, si risale verso nord-est) Calalzo, Domegge (qui potreste fermarvi per un’altra pausa dolce all’antica pasticceria Da Vià), Lozzo e Vigo di Cadore.

A Laggio di Cadore si devia per il Friuli. In pochi chilometri, i paesaggi e gli ambienti cambiano profondamente. La montagna si spopola, e la presenza umana si fa sempre più discreta. I boschi sussurrano o urlano, mossi dal vento, e avvolgono la Val Piova. Su fino a Sella Campigotto (1790 metri), poi giù. L’altopiano di Razzo è luogo di astrofili e pellegrini. Cieli nerissimi, di notte (nessuna illuminazione artificiale a stingere le stelle), e rumori quasi solo naturali. Qui attorno non c’è quasi nulla di aggiunto. Non a caso l’Alta via dei silenzi passa di qua. Da Sella Razzo (1724 metri) si scende la Val Pesarina, poi la Val Lumiei, che rapida di stretti tornanti regala Sauris, l’approdo finale. Sauris/Zahre è un’isola germanofona nel bel mezzo delle Dolomiti Friulane, una valle poco abitata e lontana da tutto, fatta di boschi, un lago turchese (artificiale) e pascoli disseminati di malghe, piccoli borghi alti, sentieri. A questo punto la vostra lunga galoppata dolomitica è finita, e potete godervi un bel panino con lo speck di Sauris…

Ufficio Stampa