Vivace, curiosa e istintiva. Nana va di corsa: «Amo sorprendere, nel calcio e nella vita. Da grande farò l’infermiera»

Adora sorprenderti. Sempre, in campo e nella vita. Brescia l’ha accolta ed è diventata la sua casa, anche se il Ghana l’è rimasto nell’anima. «Sono arrivata da voi il 3 settembre 2003, quando avevo sei anni. Oggi ne ho venti e mi sento italiana al 100%». Ogni parola è condita da un sorriso. Nana Yaa Welbeck Maseko è così, spontanea e vivace. «Ma soprattutto curiosa e desiderosa di imparare cose nuove». Alla Fortitudo Mozzecane da due campionati, il difensore africano ha esordito in serie B e iniziato a camminare con le proprie gambe, dopo otto stagioni di Brescia trascorse a metà fra la categoria giovanissime e la Primavera. Con il pallone costantemente incollato al suo piede mancino. «Sì, il calcio è una scuola di vita e mi ha aiutato molto ad integrarmi». E se le domandi chi tiferebbe tra Italia e Ghana lei fa fatica a rispondere: «Difficile scegliere, però alla fine seguo il mio cuore e il mio Paese, quindi sto con il Ghana. È già successo ai Mondiali del 2006 e, per me, quella fu una partita strana ed emozionante».
UN MONDO DIVERSO. L’arrivo in Italia l’aveva lasciata a bocca aperta. Lei che è nata ad Accra, la capitale del suo Stato d’origine, e che tredici anni fa si è trasferita nella città lombarda, dove tuttora vive. «Fino a quel momento non ero mai uscita dal Ghana e, all’improvviso, mi sono trovata in un altro mondo, completamente diverso: nuova cultura, nuovo stile di vita, nuove costruzioni, nuova lingua, nuova gente e nuove abitudini – racconta Nana -. Mio padre lavora a Brescia dal 2000 (ossidazione e verniciature dell’alluminio, ndr) e nel 2003 ha deciso di portare con sé l’intera famiglia, così io, mia madre e il mio fratello maggiore l’abbiamo seguito». Un paio di curiosità: oggi il fratellone, Nana Addo, gioca a calcio nell’Odense Boldklub, in Danimarca, e dal 2009 Nana ha un secondo fratello, Micheal. «Non ho incontrato particolari difficoltà ad ambientarmi, anzi, per me è stato molto bello, istruttivo ed interessante: sono una persona esuberante, le novità mi attirano e non mi piace rimanere in un angolino, pertanto ho cercato di integrarmi da subito, sia a scuola che andando al parco».
PASTA, SEMPRE PASTA. La differenza tra Accra e Brescia, Nana l’ha notata immediatamente. D’altronde, la prima conta oltre due milioni di abitanti, la seconda circa 200.000 «In Ghana, uscendo di casa, ero abituata ad avere tante persone intorno, qui al contrario ho sempre visto poca gente in giro, persino in centro, a meno che non ci fosse il mercato – ricorda Welbeck -. Lo so, è bizzarro, ma In Italia preferisco il freddo al caldo, perché almeno posso difendermi, vestendomi di più: d’estate, da voi l’umidità è pazzesca e mi fa venire il mal di testa, mentre ad Accra la temperatura è sì alta, però più secca». Parlando di abitudini, invece, Nana si è dovuta confrontare anche con la cucina nostrana: «Ottima, squisita: assaggio tutto. L’ho apprezzata con il tempo e ora la adoro – ammette il terzino gialloblù -. In ogni caso, ho notato che mangiate sempre la pasta, in continuazione e dovunque, mentre io ero più abituata al riso. Il piatto che prediligo? Le lasagne al forno con la carne».
«LA GRAMMATICA MI PIACE, VERONA È STUPENDA». Conosce quattro lingue, Welbeck: il ghanese, l’inglese, il francese («a livello scolastico») e, chiaramente, l’italiano. «Ho imparato le basi della vostra lingua in due mesi, frequentando un corso di alfabetizzazione, e dopo un anno e mezzo sapevo già parlarlo bene – spiega -. Tutti dicono che l’italiano sia complicato per via dei molti verbi, ma a me piace un sacco la grammatica: aiuta ad esprimersi meglio. Il ghanese? È più difficile: una stessa parola può avere diversi significati a seconda del contesto, in certi casi addirittura sette». Giocando a Mozzecane, qualche giretto a Verona scappa ogni tanto. «Prima di arrivare alla Fortitudo, non l’avevo mai visitata: Verona è stupenda, piena di storia e arte. Ho visto piazza Bra, l’Arena, piazza delle Erbe, e sono salita a Castel San Pietro di sera da cui è possibile ammirare splendide luci, sfumature bellissime e una favolosa panoramica della città».
PREGI E DIFETTI DELL’ITALIA. Il nostro Paese l’ha conquistata. «Meraviglioso. L’Italia ha una varietà incredibile di cose: cultura, patrimoni artistici, storici e letterari, paesaggi mozzafiato che vanno dal mare al lago e alla montagna, realtà grandi come Milano e realtà piccole e tranquille tipo, appunto, Verona». Pregi e difetti? «Il vostro sistema sanitario è ben strutturato e, sebbene possa e debba migliorare, funziona ed è preparato – riflette Nana -. Invece, trovo che la mentalità degli italiani, in generale, sia ancora un po’ chiusa: non parlo dei giovani, i quali hanno cominciato a viaggiare e a confrontarsi con il mondo, bensì delle vecchie generazioni». Un pensiero al Ghana, però, c’è sempre. «Da quando sono a Brescia, ossia da quasi quattordici anni, non sono più tornata in Africa – confessa lei -. Il mio Paese mi manca parecchio, dal clima al mare, dai rumori alla casa in cui sono nata: là, infatti, vive la maggior parte della mia famiglia, che un giorno vorrei riabbracciare».
«AMO SORPRENDERE E IMPARARE». Welbeck è un vulcano. La simpatia rappresenta il suo biglietto da visita. «Sono una persona amichevole, socievole ed educata, ma anche istintiva e testarda». Di interessi ne ha tanti, però al primo posto ci sono «sorprendere e trasmettere ciò che so – precisa il difensore della Fortitudo -. Amo disegnare, ballare, cantare, cucinare, inventare, stare in compagnia, collaborare in gruppo e imparare. Non a caso, quando non ho niente da fare, mi cimento in qualche ricerca». L’altra peculiarità della casa sono i capelli: ogni due-tre settimane, Nana cambia infatti pettinatura. «È un assaggio e un aspetto della cultura africana, sia per necessità che per bellezza – conferma Welbeck -. Anni fa avevo le trecce bionde e la frangia, ma la mia acconciatura preferita è il twist crochet, in cui i capelli sembrano tanti serpentelli: ho provato tale tecnica per la prima volta a fine 2016, mi ha entusiasmato e desidero ripetere l’esperienza. Magari in estate». E il rapporto tra Nana e la fede? «Sono cristiana evangelica, molto credente e praticante: Cristo è basilare per me, in ogni cosa che faccio, mi dà conforto e mi sostiene. Durante i mesi di campionato, non riesco quasi mai ad andare a messa alla domenica, però l’importante è pregare sempre».
INFERMIERA DI DOMANI. Aiutare gli altri le viene naturale e spontaneo. Il suo corso di studi lo dimostra con franchezza. Il difensore gialloblù frequenta l’Università di Brescia, precisamente il corso di Laurea in Infermieristica. «Desidero diventare infermiera, sono convinta che sia la professione giusta per me – rivela Welbeck -. Fin da bambina ho sempre saputo di voler lavorare nel campo medico e sanitario: mi piace stare insieme persone, interagire con loro e capirle, poter essere utile nel mio piccolo. Inoltre, grazie al tirocinio dell’Università, in ospedale ho avuto l’opportunità di assistere anziani e diversamente abili, e regalare loro un sorriso». Non solo: da quattro anni, Nana è pure membra dell’associazione onlus «Bimbo chiama bimbo». «Durante l’estate, diamo una mano ai genitori impegnati con il lavoro e seguiamo i bambini, aiutandoli a fare i compiti e creando un ambiente ricreativo, di formazione e di giochi».
RAZZISMO: IGNORANZA. Il razzismo si è messo sulla strada dell’esterno basso della Fortitudo, in più di una circostanza. «I pregiudizi sono stati l’aspetto più difficile del mio ambientamento: a scuola, i compagni di classe mi hanno voluto bene e accolto con rispetto, mentre fuori qualche difficoltà l’ho riscontrata – afferma Nana -. Prima di dedicarmi solo al calcio, per un anno ho praticato anche la pallavolo (nel 2007, ndr): una volta, in palestra, sono scivolata, mi sono sbucciata un ginocchio e ho cominciato a sanguinare un po’. Beh, una delle altre bimbe si è avvicinata e mi ha chiesto con un tono serio e sorpreso “Anche tu hai il sangue rosso? Visto che hai la pelle scura pensavo che il tuo fosse blu o viola”. Io rimasi perplessa e imbarazzata, nonostante avessi capito che la colpa non fosse della bambina, ma di chi l’aveva cresciuta». Il razzismo, pertanto, lo definisce in una parola: «Ignoranza, per mancanza di informazione e, appunto, pregiudizi». «Complessivamente l’Italia non è un Paese razzista – prosegue Welbeck -, però, ancora oggi, accadono fatti spiacevoli e brutti che non vanno sottovalutati. Anzi, occorre correggere certi atteggiamenti, conoscere il più possibile, viaggiare, in modo da aprire la mente e cambiare prospettive. Episodi in campo? Quando giocavo nella Primavera del Brescia, dopo aver commesso un fallo, l’avversaria si è girata verso di me e mi ha offeso in modo razzista. Fa male sentirsi dire queste cose ma, se succede, cerco di non pensarci».
«IL PALLONE? IL PENNELLO DI UN ARTISTA». Il calcio è la sua passione per eccellenza. Viscerale e senza confini. «In Ghana giocavo nel cortile di casa o al parco con mio fratello Nana Addo, i nostri cugini e i nostri amici – Nana torna indietro con la memoria -. Arrivata in Italia, invece, ho iniziato a militare in vere squadre, prima con i maschi nel S. Antonio e nella Leonessa, poi femminili, ossia Brescia e ora Mozzecane. Cos’è il calcio? Sfogo, libertà, fantasia («sebbene non abbia una grande tecnica», ride, ndr), ispirazione, una prova di vita e uno strumento per conoscere se stessi». Il paragone di Welbeck è azzeccato: «Come un artista usa il pennello per esprimere l’emozione che ha dentro, io utilizzo il pallone: il mio carattere, infatti, si rispecchia in campo e grazie al calcio ho imparato tante cose, dal fare sacrifici al provare a cogliere le occasioni al balzo».

Matteo Sambugaro

Foto: Graziano Zanetti Photography