RAGGIUNTE LE FINALI
Ai playoff LAB la squadra estense domina il girone “Euganeo”. Sconfitte Mirano e Venezia, conquistata la final four: per la Società una giornata indimenticabile.
Non sarà Bologna-Rimini e forse non varrà l’IBL, ma c’è un’altra squadra emiliana pronta a giocarsi una finale: è il Ferrara Baseball, che al secondo campionato dopo la ricostituzione della Società approda alla fase conclusiva della Lega Amatoriale Baseball, torneo organizzato sotto l’egida del UISP. Col doppio successo nel girone “Euganeo” della competizione, la squadra del Duca vola alle final four del prossimo 20 settembre, insieme a Padova e alle due avversarie che prevarranno nel girone “Pedemontano” (Conegliano, Badia, San Biagio e Ponzano).
Per gli estensi è un successo senza precedenti, dal dolce e tonificante sapore di vittoria. Un risultato che sembrava difficile dopo i balbettii della regular season, perfino proibitivo visto che con le avversarie dirette i ragazzi del Castello avevano spesso sofferto. Nell’accogliente cornice del campo del Rugby Mirano, la giornata si apre con la sorprendente vittoria del Libertas Venezia sul Padova 88 (7-5 il finale, con bella prova dell’interbase Francis): questo evita a Ferrara l’incrocio coi campioni in carica, a cui per passare basterà poi una vittoria in base alla formula, obbligando invece il Duca a vincere entrambe le sue gare. La prima va a segno contro i padroni di casa: i Rebels confermano i propri progressi, aprendo spiragli di crisi altrui nel terzo inning; una letale combinazione di errori, dormite e sfiga riportano alla mente i fantasmi delle giornate peggiori, ma stavolta Ferrara reagisce, per la prima volta impattando rimonta e sorpasso (7-9 il finale), grazie a un lineup capace di fare la differenza nonostante in due occasioni non riesca a fare punti a basi piene. I padroni di casa salutano i playoff con la sconfitta nel match successivo: ce la mettono tutta questi Rebels, mostrando un gioco sciolto soprattutto sulle basi, ma Padova è un altro livello; e per due volte i sogni di gloria volano con la palla fuori dallo stadio, insieme a qualsiasi dubbio avanzato in altre sedi su presunti tatticismi.
Ferrara torna in campo contro Venezia nell’ora della verità: chi vince passa il turno, e i precedenti stagionali sono tutti a favore dei lagunari. Ma questa è la giornata dei tabù sfatati: Benetti e Della Portella schierano un lineup dove è difficile scorgere una parte bassa, e vengono ripagati con otto punti nelle prime tre riprese, nonostante la scelta tattica di rinunciare inizialmente al potente Novi. Il pitcher Herman, comunque affaticato dopo aver difeso i propri colori anche contro Padova, finisce per arrendersi di fronte a un gruppo che si carica azione dopo azione, e che chiude matematicamente la pratica con due inning di anticipo. Anche in difesa gli estensi gestiscono con la necessaria lucidità, e tra le loro fila c’è gloria per tutti: sul monte di lancio, il sempre brillante Abetini lascia spazio prima a Tura (salvezza con Mirano) poi a Gentili (idem con Venezia, dopo una bella prova in terza). In difesa si alternano ben tre formazioni diverse: navigata la prima, arrembante la seconda, inedita ed efficace l’ultima, che a giochi fatti seda gli ultimi sussulti avversari con una prova mostruosa dell’interbase Carlotti, autore di due fly su palla tesa e un doppio in seconda assistito da Della Portella. Rotondo ricama anche in posizione di esterno, Holmberg tinge il diamante a stelle e strisce, Nicholas Bettoni giganteggia in battuta come in terza base, mentre nel ruolo di catcher esordisce con lode suo padre Ivano, che prende per mano la squadra con premure e fermezze degne di un vecchio capitano di vascello.
Passa Ferrara, e va alle finali, tra l’euforia dei protagonisti e la soddisfazione della dirigenza: il Presidente Squarzanti (impiegato anche in prima) abbraccia i suoi ragazzi uno ad uno, come un padre coi figli nel giorno delle nozze. Benetti subisce col sorriso il gavettone d’onore dei suoi giocatori. Qualcuno piange, ricordando i sacrifici e il duro lavoro svolto fino a qui, le delusioni e le frustrazioni, e finisce per commuovere anche chi tra il pubblico questo sport non lo pratica o non lo capisce. Perché questa vittoria, che in realtà non regala nulla ma anzi è preludio a uno sforzo peggiore, a un ultimo impegno ancora più duro, segna comunque l’apoteosi di un gruppo che ha saputo cementarsi intorno ai propri limiti: un mese di allenamenti intensivi duri ma necessari, di investimenti umani e scelte difficili, di arrivi e di partenze, di pesanti j’accuse  e di cene riconciliatrici, hanno trasformato una banda di paese allegra ma stonata in una vera Orchestra. Che adesso non ha più paura di salire in palcoscenico, ed è pronta a interpretare la colonna sonora della propria storia sportiva.