Tre anni dopo.

Sono un grande playmaker. Forse il più grande. Mi ha fregato solo l’altezza”.

Con un pallone da basket, Lucio Dalla era felice. Si divertiva, ironizzava, ma la passione per la pallacanestro era una cosa dannatamente seria. Come quello per la sua Virtus, che lo aveva portato a bordocampo già negli anni Settanta e Ottanta, abbonato fedele accanto all’amico e manager Tobia Righi, tifoso di Milano e dunque ideale per accendere discussioni animatissime.

Oggi, primo marzo, sono tre anni che ci manca, Lucio.
Ci mancano la sua acuta intelligenza, la sua curiosità, la capacità di cambiare strada lasciandoci spiazzati, da uomo e artista libero.
Ci restano le musiche e i testi delle sue canzoni, profonde anche quando scorrevano leggere.

In questi tempi difficili, di rabbia e sangue, ci restano per esempio le parole di “Henna”, la canzone contro la guerra che commosse lo Zar, Sasha Danilovic.

Ci resta tutta l’arte che ha profuso, mai uguale a sé stessa, mai banale. Diceva di essere un cestista mancato, e noi aggiungiamo che è stata una fortuna, pensando al dono che ci ha regalato con i suoi viaggi tra note e parole.

m.t.

(Grazie a Roberto Serra, per la splendida immagine di Lucio che appare in home page e per il titolo. Solo uno come lui, suo amico vero, poteva pensarlo. E grazie all’indimenticato Roberto Villani, per la leggendaria foto di Lucio e Gus in bianconero)