Uno sport violento, praticato da uomini violenti che sono un pessimo esempio per i giovani. E’ così che si è portati a giudicare la boxe dopo aver letto molti degli articoli pubblicati nei giorni scorsi da quotidiani cartacei e online. Se un ragazzo chiedesse ai genitori il permesso di iscriversi ad un corso di pugilato, non lo riceverebbe.

Chi potrebbe biasimare i genitori? Nessuno vorrebbe che il proprio figlio frequentasse un ambiente malsano. “In questo caso, la realtà è profondamente diversa dall’immagine che ne danno i media – commenta Carlo Nori, presidente della Lega Pro Boxe – e lo posso affermare senza timore di essere smentito perché ……

la storia del pugilato fornisce molti esempi di uomini che sono riusciti a costruirsi una vita tranquilla e ricca di soddisfazioni proprio grazie alla pratica della boxe che, non dimentichiamolo, in Gran Bretagna definiscono ‘nobile arte’. Moltissimi campioni di boxe erano ragazzi che abitavano nei quartieri malfamati delle grandi metropoli, erano circondati da persone che si guadagnavano da vivere illegalmente e che non trasmettevano loro alcun valore. Frequentando la palestra hanno imparato i valori del pugilato: il rispetto per il maestro, l’avversario, l’arbitro, per le regole sportive. Hanno anche appreso ad allenarsi tutti i giorni, nell’orario stabilito, rispettando i compagni di allenamento e le regole della palestra. Tutto questo è poi tornato loro utile nella vita quotidiana perché chi è abituato a seguire le regole di uno sport segue anche quelle della società. Chi è abituato a rispettare le persone con cui lavora, rispetta anche le persone che incontra al di fuori del lavoro. Inoltre, la boxe insegna che il successo si conquista un passo alla volta. Da quando un ragazzo entra in palestra a quando diventa professionista passano diversi anni: prima partecipa ai campionati dilettantistici, se li vince lo convocano in nazionale e il suo obiettivo diventa qualificarsi per le Olimpiadi. Quando diventa professionista, inizia combattendo contro avversari di basso livello, poi di medio livello e dopo alcuni anni – forse – otterrà la tanto sognata chance mondiale. Anche questo concetto di apprendimento progressivo – che è fondamentale in qualunque lavoro, ma non è presente in altri sport in cui magari si diventa ricchi e famosi a 18 anni – gli tornerà utile nella vita quotidiana. Certo, anche tra chi pratica la nobile arte ci sono i cattivi esempi. Come ha detto e scritto diverse volte Rino Tommasi, il pugilato è uno sport pericoloso in cui si può anche morire, ma quanta gente sarebbe morta se non ci fosse il pugilato? Alcuni campioni in gioventù erano delinquenti, se avessero continuato a delinquere avrebbero prodotto danni non solo a loro stessi.” Contattato telefonicamente al riguardo, Rino Tommasi ha dichiarato: “Sono felice che il presidente Nori si sia ricordato della mia frase. Non rinnego quella frase, anzi sono convinto che sia sempre valida. Se prendiamo in considerazione i lati positivi e negativi del pugilato, il bilancio è in attivo o almeno in pari.”

credit foto Marco Chiesa