Il doppio round di Assen ha regalato due vincitori diversi e svariati colpi di scena, in puro stile Sbk. Il fine settimana inizia con la prima Superpole per Loris Baz, autore anche del best lap. A trionfare dopo la prima bandiera a scacchi è Sylvain Guintoli, sempre più leader in casa Aprilia. La seconda manche è un doppio start misto a tanta acqua. Il numero 50 mentre è in testa, dopo quattro tornate, lascia i remi e alza il braccio. La bandiera rossa sospende tutto. Si decide di ripartire e si assiste alla marcia trionfante di Jonathan Rea in versione Noè.

La trasferta olandese regala al 65 due podi e il ritorno alla vittoria. Al termine della gara candidamente afferma che per lui è normale andare forte sul bagnato poichè viene dall’Inghilterra. La Honda ha con lui la certezza che almeno una volta l’anno la coppa del più bravo si porta a casa; resta, però, una moto ancora lontana dalle prime. Sylvain Guintoli, invece, non riesce a bissare il successo di gara uno, in quanto proprio quando ha nel mirino Rea, scivola. Si rialza e conclude nono. Il francese lascia l’università della moto con la consapevolezza che è l’unico in grado di far vincere la moto di Noale. Raggiunge come numero di vittorie Tom Sykes, fermo a quota due e i punti che li separano in classifica generale sono dodici. Se vuole puntare al titolo dovrebbe puntare sulla costanza di risultati; senza l’errore a comandare, oggi, sarebbe lui. Più ombre che luci per Sykes. Le prende dal team mate in qualifica, la bandiera rossa lo ferma nella rimonta al primo start, mentre è fuori dal podio dopo il secondo. Resta però il leader del campionato. Sotto tono anche Baz, solo quarto e settimo; forse l’acqua ha bagnato le polveri dei fucili verdi. Il podio della seconda manche riscatta, in parte, la scivolata della prima. Davide Giugliano deve capire che non bastano i giri veloci; occorrono i punti, perché solo quelli a fine campionato contano. Ha grinta ed è veloce, ma i suoi errori pesano come un macigno. La Ducati conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Chi continua a deludere è Marco Melandri. Mentre il suo compagno di squadra vince e lotta per il vertice, lui è entrato in un vortice di mancanza di risultati e sbagli che mette tristezza. Il passo lento del primo e l’errore banale del secondo round, confermano che non basta cavalcare una delle migliori moto del lotto per vincere; occorre dare gas a quattro mani, avere talento ed avere tanta forza mentale. Vedremo se Melandri possiede queste qualità o appartiene alla categoria dei piloti “Vorrei ma non sono in grado”. Da appassionato italiano spero per la prima opzione, perché mi piacerebbe rivedere un binomio tutto tricolore affermarsi di nuovo ai massimi livelli. Bella la prova di Alexander Lowes, ottimo secondo nell’ultima manche. Peccato, invece per Eugene Laverty, autore di errori che dal suo polso non ci aspettiamo. La Suzuki è una moto che in alcune condizioni può dire la sua, eccome. Le gare hanno offerto sorpassi interessanti, anche se non per il vertice. La conduzione televisiva piace sempre di più, grazie anche alla competenza e simpatia di Max Biaggi. Da applausi lo show tra Meda e Beltramo in versione “Madre badessa”. Non condivido, invece, le critiche alla conduzione tecnica, specie di gara due. E’ sempre difficile prendere delle decisioni quando ci sono in gioco le vite dei piloti. E’ normale che si cammini con i piedi di piombo. Ad un fratello centauro che ci saluta preferisco mille critiche.

ALFREDO DI COSTANZO

Ufficio Stampa