Lettera aperta del Nostro associato Stefano Agostini, che nella giornata di ieri l’ACCPI ha segnalato al presidente UCI Brian Cookson, e per conoscenza all’esperta della WADA Francesca Rossi, al presidente del CPA Gianni Bugno e al presidente della FCI Renato Di Rocco perché questo caso sia d’esempio per far emergere un grave problema che riguarda il sistema antidoping attualmente adottato dal ciclismo.

L’Associazione Italiana Ciclisti Professionisti Italiani è sempre stata molto severa in merito al doping (il nostro precedente presidente Amedeo Colombo è stato il primo a caldeggiare la squalifica a vita per quanto riguarda casi gravi e acclarati di colpevolezza) ed è particolarmente sensibile alle istanze che interessano da vicino i corridori, come quella affrontata da Agostini nella sua missiva.

A questo riguardo il presidente ACCPI Cristian Salvato ha scritto al numero 1 dell’UCI: «Sono convinto dovremmo essere ancora più rigidi quando è evidente che un ragazzo abbia fatto ricorso al doping al fine di alterare le proprie prestazioni e falsare i risultati di una gara, ma, allo stesso tempo, dovremmo prevedere sanzioni più lievi, quando si riesca a dimostrare l’uso terapeutico di un farmaco e la buona fede dell’atleta, come avvenuto e riconosciuto dall’UCI in questo caso. Le nostre leggi vigenti, anche in caso di negligenza, prevedono sanzioni molto severe che possono portare alla fine di una carriera. A nostro parere e secondo i nostri associati questo non è giusto. Si tratta di una questione complessa, mo lto importante per gli atleti e l’intero movimento ciclistico. Vi chiediamo come UCI di verificare se sia opportuno modificare per il futuro le normative anti-doping in modo da disporre di sanzioni proporzionali agli errori per evitare che un ragazzo per una leggerezza sia costretto a dire definitivamente addio per sempre alle competizioni».

Giulia De Maio

Ufficio Stampa ACCPI

Di seguito la lettera:

San Martino di Lupari, lì 3 aprile 2014

Spett.le Leroux Dominique

UCI – CH 1860 Aigle/ Suisse

Oggetto : UCI file 043/2013 – Agostini Stefano

Egregi Signori,

Voglio precisare che la mia accettazione della sanzione va intesa come dichiarazione di resa: mi arrendo a un sistema che ha deciso che a 25 anni io debba smettere di essere un ciclista professionista.

Si tratta di una sanzione che non reputo giusta e che non sento per nulla appartenermi dal momento che non ho mai fatto uso di sostanze dopanti.

Il mio passaporto biologico è impeccabile, le differenti e plurime analisi del sangue sono ineccepibili.

Risulta solo che l’emerito laboratorio di Colonia ha rilevato la presenza di 0,7 miliardesimi di grammo nelle mie urine di una sostanza chiamata Clostebol, principio attivo della pomata Trofodermin  che io stesso avevo dichiarato al momento del controllo e che, tra l’altro, mi era stata regolarmente prescritta dal medico per curare un’eruzione cutanea.

Il laboratorio ha riscontrato, in misura infinitesimale, quello che io avevo dichiarato in perfetta buona fede; resta anche un forte ed irrisolto dubbio che probabilmente se io non l’avessi dichiarata non sarebbe nemmeno stata riscontrata, ed ora non mi troverei in questa situazione paradossale.

Tutto il mondo, addetti ai lavori e non, sa che non ci si dopa con una pomata per di più prescritta dal proprio medico curante, e venduta in qualsiasi farmacia o parafarmacia, addirittura senza ricetta medica in quanto farmaco da banco.

Ebbene dopo 7 lunghi mesi di sospensione, di spiegazioni delle circostanze di fatto della vicenda, di richiesta di informazioni supplementari con scadenze brevi e perentorie, di estenuante attesa di un qualche genere di riscontro da parte Vostra (che giungeva sistematicamente dopo settimane dal mio interpello), di logoramento e stress misto ad apprensione… la spettabile UCI pur avendo ben chiara la situazione, documentata del resto in modo incontestabile, ha deciso di trattarmi oltrechè in modo sensibilmente più severo rispetto ad altri atleti “incappati” nel Trofodermin, addirittura alla stregua di chi fa e ha fatto in passato uso di EPO, cocaina o di chi ha praticato metodi proibiti quali trasfusioni e manipolazioni del proprio sangue, proponendomi 15 mesi di squalifica, cui quasi come una beffa si aggiunge anche il pagamento delle spese da Voi sostenute.

Se la Vostra conclusione è quella di comminare una squalifica senza dubbio eccessiva, quel che più colpisce sono le ragioni di detta scelta. La documentazione da me debitamente prodotta nei Vostri termini ha dimostrato la veridicità della mia versione nonché quindi la mia onestà, e del resto l’UCI stessa ha riconosciuto l’utilizzo del farmaco Trofodermin crema da me dichiarato e lo scopo terapeutico di tale uso, motivato del resto da una prescrizione medica. Prescrizione medica che però non è stata sufficiente come spiegazione e giustificazione, vista l’imputazione di responsabilità.

Questo è stato l’epilogo della procedura di accettazione della sanzione da voi propostami mesi fa, al dichiarato scopo di abbreviare i tempi della decisione ed evitare un processo e spese connesse. Evidentemente niente di tutto ciò è accaduto.

La conclusione ha poi del grottesco.

L’alternativa che mi viene posta è la trasmissione del dossier alla Federazione Ciclistica Italiana con successivo svolgimento del processo, all’esito del quale l’autorità decidente dovrà confermare i 15 mesi di squalifica altrimenti l’UCI stessa, come candidamente già dichiarato con tono velatamente ricattatorio, ricorrerà al TAS di Losanna; per il sottoscritto ciò comporterebbe evidentemente lo svolgimento di controanalisi e perizie, il conferimento del mandato difensivo ad un legale nonchè la nomina degli arbitri per un costo complessivo di circa 30-35.000 Euro che non ho.

Mi permetto di dire, alla luce dell’assurda conclusione di questo caso, che la “rete”  antidoping dell’UCI ha indubbiamente qualche problema di funzionamento dal momento che non fa distinzione con riguardo a chi vi rimane impigliato, nemmeno alla luce delle circostanze di fatto che valgono sicuramente a distinguere un caso come il mio dai casi di “vera” assunzione di sostanze dopanti al fine di alterare la propria prestazione e di falsare i risultati.

Nel ribadire quindi come la fine della mia carriera ciclistica sia dovuta esclusivamente agli 0,7 nanogrammi (0,000000007g) di Clostebol  provenienti, per Vostro stesso riconoscimento, da una pomata utilizzata una sola volta allo scopo di curare, sotto consiglio medico, una patologia dimostrata, aggiungo che quello che mi rimane da questa vicenda è una profonda ed irrisolvibile disillusione nei valori dell’onestà, della giustizia e dell’uguaglianza intesa nel senso di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diverse in modo diverso.

Lascio il ciclismo professionistico a testa alta, consapevole di non aver mai barato e di aver ottenuto tutti i miei risultati con dedizione e sacrificio, perfettamente conscio che questa assurda vicenda ha anche provocato notevoli danni alla mia immagine.

Credo infine che questa vicenda, che a me ha rovinato la carriera e distrutto i sogni, andrà anche a minare la stessa credibilità, utilità ed infallibilità del Vostro sistema di controllo antidoping.

Cordialmente.

Stefano Agostini