«RIPARTO DA QUI PER UN NUOVO PROGETTO»

Dopo 46 giorni di permanenza al Campo Base, una vetta scalata in solitaria ed un tentativo sulla Kinshofer Route, Daniele Nardi deve rinunciare al sogno di scalare il Nanga Parbat in prima invernale: le condizioni di ghiaccio e neve proibitive della vetta himalaiana respingono il tentativo dell’alpinista laziale. La delusione è tanta, ma l’esperienza accumulata da Daniele gli consentirà di valutare un futuro tentativo, mentre l’atleta del SALEWA alpineXtream Team pensa già a nuove sfide alpinistiche.

«Una decisione inevitabile a questo punto, si torna a casa. Non ci sono parole per misurare la mia delusione oggi, aver creduto, lottato, sperato in un progetto e doversi arrendere di fronte alla constatazione che le condizioni per salire la via che desideravo, semplicemente, non ci sono – racconta uno sconsolato Daniele Nardi – Potrei attendere mille finestre di bel tempo, ma il fatto che la condizione per cui da solo potrei con un ragionevole margine di sicurezza tentare una salita, ebbene quelle condizioni semplicemente non ci sono e per quest’anno non ci saranno».

Dopo 50 giorni dalla sua partenza verso il Pakistan, Daniele Nardi traccia così il bilancio della spedizione che aveva l’obiettivo di raggiungere la vetta del Nanga Parbat. Il tentativo in solitaria e in prima invernale prevedeva la scalata del versante Diamir attraverso lo Sperone Mummery: per fare questo Nardi si è ispirato nello stile della sua impresa, all’esempio del celebre alpinista Albert F. Mummery, a cui è intitolato lo sperone posto a 6100 metri, sul versante Diamir della montagna. Il tentativo dell’inglese nel 1895 di arrivare in cima al Nanga Parbat non andò a buon fine. Sulla montagna Mummery trovò la morte, ma è ancor oggi ricordato come l’ideatore del cosiddetto “stile alpino“. Si tratta della consapevolezza di poter rinunciare a mezzi artificiali, nella scalata, contando sostanzialmente sulle proprie forze e sulla propria abilità alpinistica. E’ quello che cerca di fare Daniele Nardi, avendo rinunciato all’ossigeno, ai portatori d’alta quota e all’aiuto di una squadra che posizioni corde fisse per la scalata, fatta eccezione per il cuoco che lo ha assistito al Campo Base. Nei 46 giorni di permanenza ai piedi del Nanga Parbat, e in attesa di una finestra di tempo che gli consentisse l’attacco, l’alpinista laziale si è tenuto in forma arrampicando sulle pareti intorno alla sua postazione fissa, come la vetta di 5900 metri scalata in solitaria da Daniele e che lui stesso ha chiamato Punta Piccola. A questo è seguito anche un tentativo, sempre in solitaria, sulla Kinshofer Route.

L’analisi a freddo.

Daniele Nardi ha dovuto rinunciare per quest’anno al suo sogno di scalare il Nanga Parbat in prima invernale: le condizioni di ghiaccio e neve proibitive hanno respinto gli sforzi dell’alpinista italiano. «Le condizioni quest’anno erano davvero complesse dal punto di vista tecnico – spiega Daniele – l’inverno pakistano sul versante Diamir si è caratterizzato con le consuete temperature molto rigide oltre i -50°, ma anche con una presenza costante di vento che ha continuamente scoperto le pareti di ghiaccio, rendendo molto difficile ogni tentativo di scalata. Condizioni che si sono create già a dicembre, quando il meteo bello quasi consecutivamente per più di un mese, ma con venti fortissimi in quota e con temperature medie più basse di 7/10 gradi dell’anno scorso, non ha permesso alla neve di trasformarsi e di attaccarsi al ghiaccio sottostante. L’esposizione a Nord ha reso tutto più difficile generando, quest’anno, “spalle” e “colli” esposti al vento completamente privi di neve e con ghiaccio duro e scoperto».

L’impegno sociale

Anche in questa difficile spedizione, Daniele Nardi è stato Ambasciatore dei Diritti Umani nel Mondo: l’Alta Bandiera per i Diritti Umani della quale Daniele Nardi è testimonial e ambasciatore, con le firme di tutti i giovani incontrati nelle scuole da Daniele e dall’Associazione Arte e Cultura per i Diritti Umani, l’ha accompagnato in ogni momento, sempre presente nel suo zaino. La Bandiera ha sventolato simbolicamente su Punta Piccola di 5900 metri lanciando un messaggio di solidarietà e di sensibilizzazione verso il tema dei Diritti Umani.

La spedizione di quest’anno fa entrare Daniele Nardi in una speciale classifica, è il terzo al mondo ad aver tentato un’invernale in solitaria e in stile alpino. L’alpinista laziale, tra i migliori quindi del panorama italiano, è membro effettivo del SALEWA alpinextrem Team e ha un curriculum di tutto rispetto dove spiccano vette quali Everest, K2, Broad Peak, Nanga Parbat, Shisha Pangma cima middle e l’apertura di vie nuove tra India (che gli ha valso il Premio Paolo Consiglio nel 2011), Pakistan e Nepal. L’azienda di Bolzano ha fornito all’alpinista abbigliamento e attrezzatura SALEWA specificatamente studiati per spedizioni himalaiane.

Un nuovo progetto

Ora nuove sfide aspettano Daniele Nardi: «L’allenamento non si interrompe – spiega il 37enne alpinista di Sezze – prosegue anzi incessantemente verso un training estivo in Himalaya e per il futuro un nuovo tentativo in solitaria allo sperone Mummery del Nanga Parbat in inverno». A Daniele Nardi è stato inoltre consegnato il 14 Marzo un premio come migliore atleta dal CONI Regione Lazio.

Scienza in alta quota

Il risultato raggiunto dalla spedizione è comunque di alto livello sia per gli aspetti legati al tentativo fatto in solitaria, che per la verifica sul campo delle tabelle di allenamento e di ricerca sullo stress in alta quota. Daniele Nardi infatti ha sperimentato per la prima volta al mondo, sottoponendosi a test quotidiani monitorati da un computer palmare, un protocollo di ricerca elaborato dal professor Angelo Compare (docente di Psicologia Clinica, Università di Bergamo, Board member HTH research lab Centre) responsabile del progetto Cognitive Human in High Altitude Environment – CHALLENGE Il progetto vede anche la partecipazione del professor Enzo Grossi del Computational & Mathematical Biology Centre (Colorado-Denver University), esperto di intelligenza artificiale, che analizzerà i dati raccolti con le reti neurali. Inoltre al progetto ha partecipato anche Mixell, che ha aiutato a sviluppare i software per misurare quotidianamente la condizione emozionale cognitiva di Daniele Nardi. La tecnologia dei sensori indossabili (che rilevano Heart Rate Variability, il ritmo del respiro, la conduttanza cutanea e il movimento) è tutta italiana e si inserisce in un progetto in cui l’approccio interdisciplinare (medico, psicologico, ingegneristico) permette di affrontare le sfide proposte dalla moderna clinical psychology. L’esperienza di Daniele Nardi rappresenta una condizione assolutamente unica ed eccezionale che offre, in quest’ottica, la possibilità di studiare e comprendere cosa accade alle nostre funzioni cognitive ed emotive in una condizione di stress psicofisico prolungato estremo, non riproducibile in laboratorio.

Ufficio Stampa SALEWA