Appassionato di boxe sin dall’età di 14 anni, pugile dilettante, proprietario di una palestra, candidato alla presidenza della Federazione Pugilistica Italiana, attuale presidente della Lega Pro Boxe, Carlo Nori ha una profonda conoscenza della nobile arte e dell’ambiente pugilistico italiano alla cui crescita vuole contribuire seguendo un percorso che ha già dato i primi frutti. 

Presidente, ci spieghi gli obiettivi della Lega Pro Boxe.
La Lega Pro Boxe vuole contribuire al rilancio in grande stile del movimento professionistico in Italia. Mettiamo a disposizione degli organizzatori la nostra esperienza manageriale in altri settori come quello pubblicitario e quello televisivo. Per la raccolta pubblicitaria, ad esempio, ci avvaliamo della collaborazione di aziende affermate come Boxe in Progress’ di Paolo Cassarà.

Essere in grado di proporre a potenziali clienti un calendario di manifestazioni in cui investire facilita l’acquisizione del cliente stesso. Tutte le grandi aziende fanno investimenti a medio-lungo termine e quindi hanno bisogno di avere una visione ad ampio raggio del movimento pugilistico italiano. La Lega Pro Boxe collabora con i singoli organizzatori allo scopo di allestire un calendario in grado di soddisfare sponsor e reti televisive. Non ci saranno due manifestazioni nello stesso giorno, nè troppe nello stesso mese. Bisogna organizzare gli eventi che il mercato pubblicitario e quello televisivo sono in grado di sostenere.  Gli organizzatori hanno già migliorato la qualità del loro prodotto offrendo match equilibrati, un’area hospitality per gli sponsor, dando ai giornalisti il necessario per svolgere al meglio il loro lavoro (tavoli con prese elettriche, con la connessione Internet, uno spazio lontano dal caos in cui fare le interviste). In poco più di tre anni di attività (è stata fondata nell’ottobre 2010) la Lega Pro Boxe ha costruito un percorso di circa 42 manifestazioni all’anno ed ha fatto girare ricavi di oltre un milione di euro su base annua derivanti dalle sponsorizzazioni e dalla vendita dei diritti televisivi.

Quando espone le sue idee agli addetti ai lavori, trova subito consensi?
Purtroppo no. Non voglio fare polemica, ma faccio una gran fatica ad interfacciarmi con gli attori che operano nel mondo della boxe: hanno un atteggiamento critico, ma non si mettono in gioco in prima persona per risolvere i problemi. Questo atteggiamento deve cambiare, dobbiamo lavorare tutti nella stessa direzione per far crescere il movimento professionistico in Italia. I pugili li abbiamo e sono tutti bravi. Infatti, abbiamo diversi campioni d’Europa e molti pugili ai primi posti delle classifiche europee e mondiali. E’ la mentalità per far crescere il business che manca.

Ha un esempio da seguire?
Parlo spesso della crescita esponenziale del rugby in Italia. Hanno fatto un lavoro di comunicazione sulla nazionale italiana facendo conoscere i giocatori al grande pubblico e un lavoro organizzativo in grande stile portando le più forti nazionali in Italia con il risultato che alle partite degli azzurri assistono sempre decine di migliaia di spettatori. I dirigenti del rugby hanno raggiunto l’apice portando gli All Blacks a Milano e la gente li ha ripagati nel migliore dei modi: allo Stadio Meazza c’erano 80.000 spettatori paganti. Un risultato utopistico fino a qualche anno fa. Sono sicuro che i dirigenti del rugby hanno faticato molto a far accettare le loro idee, a convincere sponsor e reti televisive, ma alla fine il loro messaggio è passato e questo ha portato benefici a tutto il movimento rugbystico italiano.

Ufficio Stampa
Luca Defranco