Il nuovo head coach californiano è pronto per la “Missione Crusaders”
Se la sua vita non fosse stata turbata da una sanguinosa tragedia, forse il californiano Mark Garza non avrebbe mai varcato l’Oceano e forse i Crusaders non sarebbero mai entrati a far parte della sua esistenza. Il destino può riservare di tutto e il nuovo head coach della Senior, in Sardegna da poco più di dieci giorni, lo fa capire raccontandosi con molta sincerità e naturalezza. Trapela la funzione pedagogica che questa disciplina ha negli States. E la riassume con una riflessione: “Nel football americano, quando la tua carriera è finita nessuno ricorda quanti touch-downs hai segnato e quanti campionati hai vinto. La gente ricorda se sei stato un buon marito, un buon padre e se hai provveduto alla tua famiglia”.
L’intervista parte dalle sue prime relazioni con la palla ovale: “Avevo 8 anni e sono andato a vedere i miei fratelli più grandi giocare. L’atmosfera del pubblico e il gioco mi ha trasmesso la voglia di intraprendere questo sport”.

Da giovane eri un bravo giocatore?
Ero uno sopra la media.

In quali squadre hai giocato?
Ho iniziato a giocare a 10 anni di età. Nei Weldon Warriors dai 10 ai 12 anni. Nei Clark Chiefs dai 12 ai 14 anni. Nei Clovis Alta Cougars dai 14 ai 18 anni. Nel Fresno City College Rams dai 18 ai 20 anni. All’ Università di Laverne California dai 20 ai 22 anni. Come free agent ho provato con i Los Angeles Raiders nella NFL, ma sono stato tagliato dopo tre settimane. Ho giocato nella lega semi-pro con i Fresno Bandits dai 22 ai 28 anni e nei Leipzig Lions dai 28 ai 30 anni.

I risultati più eclatanti?
La vittoria di due titoli nazionali, senza essere mai sconfitti, nel 1996-97. Abbiamo vinto 36 partite consecutive in due anni e siamo diventati campioni nazionali.

Com’è che sei diventato allenatore?
Per scelta. Ho conseguito la laurea come educatore giovanile con la specializzazione ad insegnare ai ragazzi disadattati. Sono stato assunto come mediatore del campus in una scuola superiore della città di Fresno in California, dopo la laurea.

E qual era il tuo compito principale?
Consisteva nel portare i ragazzi lontano delle gangs e inserirli all’interno di programmi sportivi. Il football americano insegna la capacità di leadership e costruisce un grande lavoro di squadra che le imprese cercano per i loro dipendenti

Prima di arrivare in Europa quali squadre hai allenato?
Ho fatto da assistente allenatore alla Fresno City College per 1 anno prima di iniziare la mia carriera di coaching al liceo Mclane dal 1991 al 1998. Ho allenato in Europa dal 1998 al 2008. Al liceo Clovis Nord dal 2008 al 2010, e dal 2010 ad oggi di nuovo in Europa.

Come si fa a tenere compatto un gruppo?
Non c’è un segreto magico. Arriva attraverso un lavoro difficile da parte di ogni persona se viene fatto al meglio delle proprie capacità.

Un metodo per non perdere giocatori durante la stagione?
Dobbiamo metterli in situazioni di difficoltà durante la off-season.

Secondo te perché qui a Cagliari cominciano in tantissimi e poi diminuiscono quando il gioco si fa pesante?
Questo non è uno sport per tutti. Solo i duri riescono a sopravvivere. I giocatori di football devono imparare ad apprezzare il dolore e convivere con esso. Ecco perché la maggior parte delle squadre che io alleno hanno successo. Io sfido i giocatori ad andare al di là delle loro aspettative. Metto loro in situazioni di difficoltà ora, così so come si comporteranno nel corso della stagione .

Come è maturata la decisione di varcare l’Oceano Atlantico?
Nel 1998, dopo sette anni di lavoro nell’allontanare delle gangs, avevo bisogno di una pausa dopo una tragedia che è successa ad un mio giocatore. È stato ucciso in una partita da uno sparo. Sono stato contattato da un vecchio compagno di squadra che mi ha chiesto se volevo essere un allenatore-giocatore in Germania per 9 mesi e ho colto l’occasione.

Differenze sostanziali e formali tra Football Europeo e Americano?
Il tempo e la conoscenza.

Qui in Europa si dice che tu abbia resuscitato squadre in agonia, come hai fatto?
Sono stato solo un pezzo del puzzle nell’aiutare le squadre a raggiungere i propri obiettivi. Io disegno il programma per le basi sulle procedure del football per poi andare insegnare alle persone all’interno dell’organizzazione i particolari del lavoro. Passo per passo, ci vuole tempo. Cagliari non è stata costruita in un giorno!

Qual è stato il club europeo che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
In questo momento la mia preoccupazione principale e la mia totale attenzione va ai Crusaders al fine di raggiungere la soddisfazione di trasformare questo programma in vincente rispetto alle precedenti stagioni. Questo è il lavoro più bello del mondo e se non lo tengo in mente, non sto rendendo giustizia all’organizzazione Crusaders nell’essere il leader di questo programma.

Prime sensazioni sui giocatori Crusaders e lo staff direttivo?
Sono state positive. Il Consiglio Direttivo è stato schietto e onesto con me sin da quando sono iniziate le trattative di assunzione. Ero alla ricerca di una sfida e l’organizzazione dei Crusaders mi ha dato questa grande opportunità di essere il capo allenatore.

Conoscevi la Sardegna, cosa sapevi in merito?
L’unica cosa che sapevo che è l’isola del sole.

Qualche giocatore che hai allenato e si è fatto strada nel mondo del football?
Ho allenato tanti giocatori che sono andati avanti per raggiungere la loro istruzione universitaria e sono diventati membri produttivi della città nella quale vivono.

(ha collaborato Dario Mannoni)

CAMPIONATO ITALIANO UNDER 19
WEEK 7

MONSERRATO – Campo Eliseo Corona (Terramaini) – Via Cesare Cabras
17/11/2013 – Ore 11,00

CRUSADERS CAGLIARI      
MARINES LAZIO

UNICO SCOPO: MIGLIORARE ANCORA

Ultimo test prima del parziale letargo. A Terramaini arriva una formazione inferiore agli imbattibili orsi, ma non di molto considerato che nell’ultima sfida tra le due mattatrici del girone il divario è stato di undici punti. I crociati stanno preparando la gara con il solito impegno, tenuti d’occhio costantemente anche da coach Garza. Sulla vittoria di domenica scorsa il trainer dell’under 19 Luca Giraldi storce un po’ il naso: “Tendenzialmente la scorsa prestazione non mi ha entusiasmato – dice – i ragazzi hanno fatto il loro lavoro commettendo qualche errore di troppo in momenti chiave. Il risultato parla chiaro, dice che la partita è stata equilibrata; in effetti lo è stata e non nascondo che ho temuto il peggio. D’altro canto la Legio si è dimostrata squadra in crescita, con un gruppo ben amalgamato e con diverse individualità degne di nota”. Ma il coaching staff si sente più sicuro con l’arrivo di Mark Garza. “Il suo apporto è stato utile – continua Giraldi – infatti ha dispensato ottimi consigli alla difesa ed ha aiutato me nella lettura dei punti deboli della difesa avversaria. Aspettiamo l’ultima uscita per tirare le somme di una stagione sotto molti punti di vista positiva”.